sabato 29 settembre 2007

domenica 23 settembre 2007

L'amore al tempo dell'inquinamento globale

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pollution love

 

Pianeta Terra, anno ..., praticamente a breve: scenari fumosi e degradati, uomini e donne vestiti con tute e mascherine, come per andare alla guerra: visione apocalittica o reale? Ma l'amore..l'amore...ai tempi dell'inquinamento globale, così come ai tempi della informatizzazione e dell'industrializzazione avanzata, della globalizzazione, dello svilimento della dimensione umana e della distruzione delle coscienze..l'amore..l'amore..."l'amore e il suo respiro", quale futuro avrà?

domenica 16 settembre 2007

Utopia tecnologica

Ogni volta che l’uomo scopre una nuova tecnologia, prima di utilizzarla dovrebbe chiedersi quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi che essa comporta. Troppo spesso invece si tende a considerare solo il lato vantaggioso, soprattutto se gli svantaggi non sono immediati. Una società intelligente dovrebbe essere in grado di valutare attentamente, oltre ai benefici, anche il prezzo che si dovrà pagare ogni qual volta si decide di utilizzare nuove tecnologie. Inoltre, bisognerebbe cercare di massimizzare i benefici e ridurre al minimo gli effetti negativi.
Il discorso a molti sembrerà bello, ma utopistico. Sembra utopistico proprio perché la nostra società è basata sul consumismo, sulla ricerca del benessere, spesso apparente, ad ogni costo. Dico apparente perché, se da un lato si aumentano le comodità dall’altro si peggiora l’ambiente in cui viviamo, allora non si può parlare di un aumento vero e proprio del benessere.

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Crisi ecologica=crisi della società

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Le risorse del pianeta sarebbero sufficienti a soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione se....si facesse ricorso a materie prime, a merci e servizi ben diversi dagli attuali, anche se forniti dalla tecnica (risorse ecocompatibili, a basso impatto ambientale). Ma le soluzioni tecniche non bastano. L'analisi delle varie crisi delle risorse naturali mostra che esse sono dovute allo scontro fra interessi privati e beni collettivi; allo sfruttamento privato di risorse, come l'aria o l'acqua o i prodotti del suolo, che a rigore non hanno un padrone.La crisi ecologica è sostanzialmente crisi dei beni collettivi. Siamo chiusi in una trappola di vantaggi iniqui, pur vivendo in una società più ricca di quelle precedenti, la povertà è ancora radicata in molte parti del mondo, dove non sono garantiti nemmeno i beni primari.
Alcuni ricercatori suggeriscono che i beni collettivi dovrebbero essere ridistribuiti in base a calcoli precisi, in modo da garantire a tutti un reddito di cittadinanza sufficiente a migliorare la propria vita e quindi a riprendersi la propria dignità sociale.

Le città moderne: come "Leonia"?

La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal piú perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall'ultimo modello d'apparecchio. Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: piú che dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell'esistenza di ieri è circondato d'un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole piú averci da pensare. Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai devono arretrare piú lontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro piú vasto. Aggiungi che piú l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, piú la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E'una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che piú Leonia espelle roba piú ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri. Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano. Piú ne cresce l'altezza, piú incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.


da: Le Città Invisibili di Italo Calvino

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Lo Swadeshi di Gandhi:l’alternativa alla globalizzazione

Il principio Swadeshi (“autosufficienza”) di Ghandi è l’opposto del concetto di globalizzazione dell’economia e proprio per questo ne rappresenta l’alternativa1244e377e0a6d758f7a00352d6951fea.jpg

Secondo tale principio, l’unità di base del governo dovrebbe essere la comunità locale, per un mondo unito nella diversità.

Le cosiddette “Repubbliche Villaggio”sono comunità indipendenti capaci di provvedere ai propri bisogni, sviluppando le merci e i servizi locali, evitando così la dipendenza economica da mercati esterni

La comunità villaggio dovrebbe essere l’espressione dello spirito familiare, un’estensione della famiglia piuttosto che una collezione di individui in competizione fra loro

Inoltre, il principio adottato di “produzione delle masse” piuttosto che di “produzione di massa” restituirebbe dignità al lavoro fatto con le mani. Infatti, consegnando il lavoro alle macchine perdiamo non solo i benefici materiali ma anche quelli spirituali, poichè il lavoro manuale porta con sè meditazione e soddisfazione personale.

La produzione di massa si interessa solo del prodotto, mentre la produzione delle masse si interessa del prodotto, dei produttori e del processo.

La forza trainante dietro la produzione di massa è il culto dell’individuo.

Mentre, il desiderio dell’ espansione dell’economia su scala globale, altro non è che il desiderio per il profitto personale

Un’economia su base locale promuove lo spirito, le relazioni e il benessere comunitario: tale economia incoraggia l’aiuto reciproco. I membri del villaggio si prendono cura di se stessi, delle famiglie, dei vicini, degli animali, delle terre, delle foreste e di tutte le risorse naturali per il beneficio delle generazioni presenti e future. La produzione di massa porta le persone a lasciare i villaggi, le terre, i loro mestieri, le fattorie, per andare a lavorare nelle fabbriche. Invece di esseri umani con una dignità in una comunità che si autostima, la gente diventa un ingranaggio della macchina, davanti ad una catena di montaggio, vivendo nei ghetti delle città, dipendendo dalla pietà dei padroni.

Un numero sempre più esiguo di persone sono richieste nella produzione, poichè gli industriali vogliono una produttività sempre più alta . I padroni dell’economia monetaria vogliono macchine sempre più efficienti e veloci e il risultato sarà che uomini e donne resteranno disoccupati e considerati scarti della società. Una tale società genera milioni di persone senza radici e lavoro che dipendono dallo stato o che praticano l’accattonaggio.

Non ci può essere vera pace nel mondo se guardiamo gli altri paesi come fonte di materie prime o come mercati per i prodotti finiti dell’industria. Il seme della guerra viene seminato dall’avidità economica. “C’è abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno ma non abbastanza per l’avidità di ognuno” disse Gandhi.

Swadeshi è quindi un prerequisito indispensabile della pace.

Swadeshi è la via della vera pace: la pace con se stessi , fra i popoli e con la natura. L’economia globale spinge le persone verso la massima efficienza, l’alto rendimento, e all’ambizione personale. I risultati sono lo stress, la mancanza di valori e di pace interiore, la perdita di spazi per i rapporti personali e familiari e della vita spirituale.

Il percorso della storia: evoluzione o involuzione?

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Ripercorrendo i principali momenti storici dell'umanità, siamo partiti dalla primitiva età della pietra (stone age), passando per la ricca età dell'oro (golden age) e quindi per la sorprendente era spaziale(space age) fino ai giorni nostri: l'era moderna, simbolo forse di altissima civiltà, progresso e tecnologia? NOOO. Piuttosto simbolo di autodistruzione, svilimento dell'ambiente umano, inciviltà, involuzione. Potremmo chiamarla la GARBAGE, ovvero l'era dei rifiuti